Rio Mayo è un minuscolo paesino sperso nel mezzo della Patagonia, a metà strada tra Esquel e El Calafate. Si tratta di un gruppo di casette isolate nato attorno a una base militare; dove l’asfalto è ancora una speranza per il prossimo futuro e una piccola cooperativa è l’unico punto di ritrovo per chi vive qui. Poco fuori, dopo un paio di chilometri di sterrato, c’è l’estancia San Jose, che ci ospiterà per la notte.
Davanti la casa c’è un parco curatissimo in cui un paio di cani gemelli convivono con un enorme gatto bianco che sorveglia dormicchiando il davanzale della finestra principale.
A protezione della casa, lungo il viale, c’è una fila di alberi altissimi che trasformano il vento in rumore di foglie. All’interno non troviamo né un bancone, né una reception, ma soltanto Luis, il fattore, che ci accoglie con un sorriso, ci fa accomodare in soggiorno e in perfetto abbigliamento da Gaucho ci spiega che 3 di noi dormiranno proprio in casa, mentre gli altri 3 saranno ospitati in una piccola dependance, pochi metri più in là. Dopo poco arrivano Norma Mazquìaran, e l’anziana madre Cirila, proprietarie di questa enorme tenuta. «Il nostro terreno – mi spiega Norma - si allunga per 26 chilometri oltre la collina alle nostre spalle, ed è larga all’incirca 20 chilometri». Un’estensione difficile anche da immaginare, che però Cirila e Norma non possono sfruttare in maniera intensiva: «Purtroppo è territorio semi-desertico, e non possiamo tenere più di un capo di bestiame ogni 3 ettari, così da qualche anno abbiamo iniziato a produrre lana di guanaco e ad ospitare turisti».
Mentre Io Ugo e Luca invadiamo con i nostri computer l’enorme tavolo della sala da pranzo, i nostri ospiti si danno da fare per preparare la cena. E quando fuori si fa buio la luce delle abat-jour e il fuoco camino danno al nostro lavorare, per la prima volta, un lieve sapore di vita in famiglia.
Così quasi ci dispiace, la mattina dopo, lasciare Norma, Cirila e Luis e partire verso Las Cuevas de las manos, le caverne con disegni di mani risalenti a un’epoca compresa tra i 7 e i 9 mila anni fa. “Las Manos” dentro queste caverne sono di certo suggestive ma la meraviglia è appena prima, e appena dopo. Per raggiungere le grotte infatti dobbiamo lasciare il Massif in una radura e proseguire a piedi. La visita inizia di là da un canyon incredibilmente bello.
La discesa, il ponticello che ci permette di attraversare il fiume, e infine l’ascesa verso il costone. Per circa un’ora attraversiamo un paesaggio fuori dal tempo, sembra di essere dentro una miniatura: il rio pintura, qualche alberello, e a destra e sinistra delle pareti perfettamente perpendicolari al terreno e liscissime. Splendido.
Stamattina è già tempo di lasciare la zona de "las Cuevas" e di riprendere la Ruta 40 e la nostra tappa inizia sotto un’intensa alba rosa che Ugo non si lascia scappare. Oggi percorriamo più di 600 chilometri impreziositi, per così dire, da quasi 300 di terra battuta: più di 12 ore di viaggio per arrivare a El Calafate che sarà il nostro buen retiro per quasi una settimana. Qui nei prossimi giorni ci raggiungeranno i venditori di Partesa, vincitori della gara organizzata dall’azienda all’interno della propria forza di vendita e da qui partiremo, tutti insieme, per una delle mete più emozionanti del viaggio: il ghiacciaio del Perito Moreno.
le foto e il video di oggi
Daniele Tagliavia
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