Oggi mi sforzo di guardare Bariloche con occhi diversi. L’incontro di ieri con il tassista Rodolfo mi ha proiettato sul passato buio di questa cittadina, e sui suoi segreti. Oggi invece, mentre andiamo via, mi sforzo alla ricerca di uno sguardo più benevolo. E Bariloche in effetti è bellissima. Domina il suo lato del lago in maniera silenziosa, ordinata e discreta. Tutte le case sono ben curate, tutte in legno con i tetti spioventi. I palazzi di più di due piani si contano sulle dita di una mano. Ha tutte le fattezze dell’elegante località sciistica, impreziosita però dalla vicinanza di uno specchio d'acqua splendido.
Andando verso sud costeggiamo ancora per un po’ il lago Nahuel Haupi e ci godiamo il panorama sui boschi. Questi primi chilometri di Patagonia sono diversi da come li avevo immaginati. Mentre attraversiamo queste vallate ho l’impressione che il paesaggio strida con quello che avevo costruito, non del tutto consciamente, nel mio immaginario: niente lande desolate né pianure a perdita d’occhio. Almeno per ora.
La strada e il clima di oggi sono generosi, così arriviamo a Esquel intorno alle 13. Lì ci aspetta Graciela Murro de Pacheco, della biblioteca nazionale argentina, delegata allo sviluppo delle attività dell’istituto nella regione di Esquel. Sarà lei che ci accompagnerà a visitare la scuola della piccola comunità Mapuche, un gruppo d’indigeni che ha resistito alla conquista degli Inca prima, e dei conquistadores europei poi.
«La cultura Mapuche si tramanda soltanto per via orale - mi spiega il direttore Ricardo Miguens – così un membro anziano della comunità viene qui e parla ai bambini in lingua Mapuche, mentre un insegnante trascrive quello che dice». Un metodo del tutto particolare che cercano di integrare con alcuni manuali e con un po’ di fantasia: «Il problema – continua Ricardo – è che molte parole del castigliano come “musica” o “computer” non esistono nella lingua Mapuche, per cui diventa difficile renderla attuale».
Ai circa 60 allievi della scuola abbiamo portato dei giocattoli e del materiale didattico da parte della fondazione PUPI, che in più occasione ha sostenuto le attività in difesa delle piccole culture indigene. Loro, i bambini, ringraziano: si avventano sui regali e si concedono divertiti a Ugo e Luca, ai quali regalano qualche bella immagine.
«Grazie alla fondazione PUPI – mi dice Graciela mentre andiamo via – abbiamo organizzato alcune fiere del libro e molti seminari sulla promozione della lettura. Loro sono sempre in prima linea quando si tratta di promuovere cultura e istruzione».
A Esquel arriviamo subito dopo la visita alla scuola, durante l’ora della siesta. Domani sarà già tempo di ripartire: 400 chilometri (ovviamente) verso Sud, verso Rio Mayo.
le foto e il video di oggi
Daniele Tagliavia
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