L’ultimo piccolo racconto di questa enorme storia, noi “creativi” lo scriviamo in un silenzio per certi versi nuovo. Complice la quiete assoluta di questo lembo del canale di Beagle, mi sembra di cogliere una sottile ironia: mentre in testa c’è il rumore e il disordine di tutte le immagini e i ricordi di questi due mesi, fuori c’è solo un mare immobile, silenzioso e accudito da montagne imbiancate. Lì dietro, da qualche parte, c’è l’Antartide.
Per fare ordine nella testa mi affido alla trama degli incontri che questo continente ha intessuto per noi. Ripenso a Salvador, il tassista guayaquileño con una svastica tatuata sulla mano, e al tassista Rodolfo, che si è divertito ad alimentare la mia curiosità verso il mistero dei nazisti a San Carlos de Bariloche. Rivedo gli occhi pieni di dolore e di umanità di hermano Miguel a Lima e quelli della nostra guida Bruna, che mi hanno narrato l’emozione del Perito Moreno nel momento in cui respira, cambia pelle e si rigenera. Riascolto la voce di André de La Fuente mentre mi racconta la sua energia nell’aiutare i bambini della fondazione PUPI e quella della guida Luis, che con il suo accento Italo-peruviano ci ha accompagnato dentro il mistero e la meraviglia del Machu Picchu.
Sono stati due mesi straordinariamente intensi. Che ci hanno messo tutti alla prova, sia dal punto di vista umano che professionale. Adesso è troppo presto per capire tutto quello che questa esperienza ha significato. E c’è il rischio che l’improvviso silenzio di questo angolo di mondo mi faccia franare addosso tutti i ricordi, e che li trasformi troppo presto in nostalgia.
Così preferisco difendermi, e pensare alle mille storie che non abbiamo raccontato, ai mille posti che questo continente nasconde, e a un futuro, spero vicino, che mi riporti in questi luoghi. Agli amici che ho trovato dentro il nostro equipaggio, e a quelli che riabbraccerò appena tornerò a casa.
E ai mille inizi che verranno, dopo la fine di questa bella storia...alla fine del mondo.
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Daniele Tagliavia