Si parte.
Sono piú o meno le 12 quando lasciamo l’albergo di Guayaquil e finalmente saliamo sui nostri mezzi. Basta il rumore dei motori per metterci di buon umore: ci ricorda perché siamo qui, e ci mette una gran voglia di viaggiare.
Attraversiamo tutta la città verso sud e imbocchiamo la strada che porta a Machala. Lungo la carretera pochissima segnaletica, venditori di cocco e mango, mille tonalità di verde, e piantagioni sterminate: cacao, mango, canna da zucchero ma soprattutto banane. A perdita d’occhio. Neanche sulle colline c’è un centimetro quadrato di terra che non sia conteso dalle più diverse specie di flora tropicale.
L’infinito mare verde che vediamo ai lati della strada è interrotto soltanto da microscopici centri urbani che improvvisamente ci troviamo ad attraversare. Alcuni sono poco più che improvvisate stazioni di servizio per viaggiatori animate da venditori ambulanti, ristoratori e parcheggi abbandonati. Le abitazioni rifinite sono poche e la gente vive quasi tutta in baracche: alcune sono quasi distrutte, altre hanno una facciata “buona” che si affaccia sulla strada mentre qualcuna, chissà perché, ostenta una porta d’ingresso nuovissima e scintillante incastrata in un edificio senza intonaco e semidistrutto. L’effetto è straniante: sembra quasi uno scatto d’orgoglio dei loro proprietari, un punto esclamativo di dignità nella povertà di una baracca che sta in piedi per miracolo.
I primi chilometri sono anche l’occasione per "testare" gli ingranaggi del nostro gruppo: tutti iniziamo a fare l’abitudine alla telecamera di Luca, che spesso ci spia durante gli spostamenti o nelle soste alle stazioni di servizio. Lui e Ugo si scambiano spesso i posti tra l’Eurocargo e il Massif, a caccia della visuale migliore per fotografare o riprendere. La mia “tana” invece è il sedile posteriore del Massif: osservo, prendo qualche appunto e quando serve do una mano a Sandro con le mappe e con la radiotrasmittente che usiamo per comunicare con l’altra metà del gruppo, sul camion dietro di noi.
Alla dogana Ecuador-Perù arriviamo al tramonto. A Tumbes, la nostra destinazione di oggi, che ormai è buio; troppo tardi per un giro in città. Faccio soltanto in tempo a notare il brulicare incessante e confuso dei risciò a motore che fanno assomigliare questa piccola città peruviana a un formicaio. Non abbiamo tempo per vedere di più, domattina presto sarà già tempo di proseguire verso sud, verso Chiclayo. Da Ushuaia ci separano circa 13 mila chilometri e i trecento percorsi oggi ci hanno fatto venire voglia di goderceli tutti.
Daniele Tagliavia
Bravo Daniele, una cronaca davvero appassionante, beh se il l’intento dei dettagli del tuo racconto è quello di volerci li con te , ci stai riuscendo. :-)
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