«Nicaragua, El Salvador, Guatemala. Ho documentato le guerre civili che si consumavano laggiù. È da quei luoghi che ho iniziato la mia carriera di fotoreporter. Poi ho lavorato anche in Bolivia, Perù, Argentina e Cile».
Entra subito nel vivo il racconto di Ugo Panella (www.ugopanella.it), il fotografo di Partesa On The Road 20°, quando gli chiedo qual è il suo legame con il Sudamerica, scenario del nostro viaggio, della grande consegna.
«Tra gli anni '70 e gli anni '80 – racconta - tutti i maggiori fatti di politica internazionale si svolgevano in quella parte del mondo, e la passione del racconto si è sposata con l'ammirazione per le atmosfere umane dei paesi andini, per i paesaggi, per i silenzi e la dignità di popolazioni cosi poco fortunate, spesso vittime incolpevoli di sopraffazioni e arroganze di ogni tipo».
Una carriera, quella di Ugo, in giro per il mondo alla ricerca di storie da raccontare, con l’istinto di gettare una luce sul buio dell’umanità. Inevitabile dunque, il racconto di guerra. «Dopo le prime esperienze in Sudamerica – ripercorre le tappe principali della sua carriera - mi sono spostato in Africa: Somalia, Etiopia, Sierra Leone, Malawi, Kenia. Ho sempre cercato di raccontare non solo conflitti ma storie di un'umanità senza ribalte né voce. Oggi le guerre, per chi fa il mio mestiere, non è più possibile raccontarle. Si è capito che certe immagini sono più dirompenti di una granata, e possono nuocere alla formazione di un'opinione pubblica che deve essere indirizzata verso precisi binari».
Abbandonati gli scenari di guerra Ugo non ha perso la voglia di indagare i “sotterranei dell’umanità”, come lui stesso li chiama. «Sono stato in Bangladesh tra le ragazze sfigurate dall’acido solforico, in Ucraina a documentare gli effetti del disastro di Chernobyl sui bambini, in Kenya a raccontare il lavoro di don Alex Zanotelli, che lottava per ricostruire il tessuto sociale nella baraccopoli più grande del Kenya, in Romania tra gli orfani e i bambini che vivono nelle fogne.
Cosa mi ha spinto ad accettare la collaborazione con Partesa in un progetto così diverso da quelli che solitamente affronto? – mi chiede anticipando la mia ultima domanda - la curiosità, la voglia di tornare nelle terre che ho amato, e poterle fotografare da un diverso punto di vista. Cercherò i paesaggi ma soprattutto la gente, i loro volti. Carte geografiche che raccontano fatiche, vite difficili, dignità estrema. E in quelle immagini, ritroverò antiche passioni mai sopite».
Daniele Tagliavia
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